Articoli di Giovanni Papini

1955


in "Schegge":
La caccia è nostalgia
Pubblicato in: Il nuovo Corriere della Sera, anno LXXX, fasc. 294, p. 3
Data: 11 dicembre 1955


pag. 3




   Nei primi millenni il cacciatore era scusato dalla fame e dalla paura: la caccia era la più grande provveditrice degli stomachi selvatici e bisognava pure ammazzare le fiere carnivore, anche se incommestibili, per salvar la vita. Ma col passar dei secoli le selve diventaron campi e le steppe pasture; s'imparò il miracolo della moltiplicazione dei semi e il gusto della farina intrisa e quasi più nessuno visse di selvaggina. I bestioni crudeli lasciaron posto ai bipedi parlanti più crudeli di loro e ormai le ultime belve si son nascoste nell'ultime foreste sfuggite, per poco, alla fiamma e all'ascia.
   Ma gli uomini, nonostante, non hanno mai smesso di andare a caccia. Scomparse le ragioni legittime si sono scusati con le false. Nei tempi barbari — durati fino alla Rinascita e oltre — hanno detto che la caccia era un addestramento alla guerra, necessario, nelle tregue, a gentiluomini e a militari. Oggi pongon Diana sotto il patronato d'Igea e invocano il beneficio del moto e dell'aria. come se non fosse possibile girare per poggi e boschi senza esercitarsi con fucili perfezionati contro l'innocente bellezza degli uccelli.
   La verità non voglion dirla, forse neppure la sanno, o non tutta. Nell'uomo civilissimo c'è sempre un deposito torbo di nostalgie verso le origini: che può essere nostalgia della beatitudine ma, più spesso, della belluinità dei cavernicoli. La caccia è un residuo, sia pur depurato d'ogni rischio, di quei costumi remoti: un modo elegante di tornare, per un po' di tempo, nel clima caldo di sangue degli ammazzatori d'orsi e di mammuth. Reviviscenza e sopravvivenza.
   Mai s'è saziata bene in noi la primordiale smaniosità d'uccidere e distruggere ma non tutti i giorni è festa, cioè guerra, e non a tutti basta l'animo di farsi omicida in atto come in desiderio. La caccia, oltre lo svago, fornisce anche un'approssimativa soddisfazione dell'eterno bisogno di provar la nostra potenza mutando la vita in morte.


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